Un mini libro con racconti sulla magia degli alberi, nati dalla penna della scrittrice trentina Lara Zavatteri.

mercoledì 13 settembre 2017

UN RACCONTO DA CUOR DI CORTECCIA



Ciao, ecco un racconto che trovate nel libro Cuor di Corteccia, piccoli racconti in cui a parlare sono gli alberi. Lo trovate su www.youcanprint.it, negozi online di libri, scrivendomi a larazavatteri@gmail.com o mi trovate a Mezzana, val di Sole, Trentino, in via 4 novembre 21.

Il vecchio abete e la guerra
Fui l’ultimo della mia famiglia ad essere colpito. Ricordo come fosse ora il colpo tremendo che mi sconquassò il tronco, arrivando fino al cuore. Era un giorno di battaglia come tanti, durante la prima guerra mondiale. Non so dire, oggi, che giorno fosse, ma ricordo bene che la giornata era tiepida, il sole scaldava i miei rami e un lieve vento faceva ondeggiare le fronde. Pensai che era un giorno bello, un giorno pacifico, forse uno di quei giorni in cui si crede che nulla di male potrà mai capitare.
Fu proprio per questi miei pensieri, credo, che ciò che accadde dopo giunse del tutto inatteso e, in un certo senso, fece ancor più male. La mia famiglia era composta di alberi molto antichi, noi fratelli e sorelle, che eravamo i più giovani, avevamo tutti più o meno un centinaio d’anni.
Tutti gli altri parenti avevano, come direste voi uomini, sulle spalle, due, tre e alcuni anche quattrocento anni. Ne avevano viste di cose, quante ne avevano vissute.
Quella pioggia di piombo ci investì tutti, ma io fui l’ultimo ad essere raggiunto. Ero nato e cresciuto nella stessa radura degli altri, ma un po’ più discosto, più riparato e per questo fui centrato alla fine. Ebbi il tempo di vedere e sentire i lamenti di tutti i miei cari, trafitti a morte o feriti dalle schegge e dalle bombe che i soldati dei due schieramenti avversari gettavano da una parte all’altra del fronte, sul confine dove stavamo noi.
Quante schegge mi attraversarono, ancora oggi non lo so, ma so che prima di perdere conoscenza, sicuro di morire, vidi tra le mie radici una bomba che non era esplosa. Feci appena in tempo a sollevare una radice e spingere più sotto l’ordigno, prima di non vedere più nulla. Lo feci perché avevo paura di quello che effettivamente accadde anni dopo, quando la guerra era finita ma molto restava sul terreno e dentro di noi, negli alberi, di quelle armi mortali.
Mi riebbi, invece, qualche giorno dopo. Mi mancavano molti rami, ma ero ancora vivo. Così purtroppo non è stato per tanti della mia famiglia, decapitati, incendiati e rasi al suolo da bombe, granate e schegge. Provavo un dolore terribile per chi avevo perso e sentivo appena quello, ugualmente orrendo, delle schegge che nascondevo dentro di me.
Passarono gli anni, altri alberi crebbero nella radura e d’un tratto alcuni uomini giunsero proprio davanti a me. Erano stati a tagliare altri fratelli, tagliarli per avere legna da ardere e si sedettero a riposare tra le mie radici. Il tempo era trascorso e aveva ben nascosto la bomba inesplosa, fu per questo che, quando decisero di tagliare anche me, con i primi colpi al mio tronco, insieme alle schegge, con le scosse provocate dalla scure la bomba fece il suo botto. Morirono in un istante, ancora con la scure in mano. Per tanti anni avevo tentato di celare l’ordigno, in modo che nessuno potesse farsi del male, in modo che l’arma non potesse nuocere, ed alla fine non era servito a nulla.
Rimasi cosciente ancora un poco, ma alla fine dovetti arrendermi. La bomba aveva frantumato tronco, rami, tutto. Mi spensi insieme a quegli uomini, per colpa di un residuo della guerra che c’era stata che aveva dormito tra le mie radici per anni, prima di decidersi a brillare nel sole.